domenica 11 dicembre 2016

Un post oligofrenico. Deerhoof - Apple O'




Schiamazzo! cinesine! tortelli! fru-fru! ragguardevole! sbilenco! tordi! bombe carta! bombe mela! Xenu! pampurio! Deerhoof! artwork scatologico! scompenzo! paura! delirio! tette sudate! ieratici! pastelli! nane! Yukio Mishima! raggranellare! robots! finocchiona!
Oh, Danny Carey è un cristone tecnico allucinante, Dale Crover è un fottuto golem di mortadella, e quello dei Mastodon avrà sempre la mia simpatia, ma dio bòea se mi obbligassero a scegliere UN soggettone del quale io brami assimilare i connotati batteristici senza se e senza se, credo non avrei troppi dubbi:
io vorrei suonare come il batterista dei Deerhoof.
Tempi sciroccati, claudicanti, carambolosi, qualche anacoreta recensorio d'altri tempi direbbe, con una puntina di dovuto riguardo, 'Shballati ggasàti completamènde fuusi'; una bolgia forsennata travestita da canzoncina bambinesca, dove ad ogni cantone si viene depistati dal tracciato per perdersi felicemente in una fantasmagoria coloratissima e lisergica dove i grandi non vi possono trovare e potete mangiare tutte le caramelle e impalare il gatto e iscrivervi allo IED.
Son brutti i Deerhoof, dioccan. Per carità, sono ben aduso ad ascoltare musica fatta da capolavori d'arte moderna, ma a guardare questi qui vien da toccarsi i santissimi, qua si sfiora la cicciolata di cromosomi, pontefice suide! Eppure fu questo poker di facce da ergastolani pastellosi provenienti forse da un delirium tremens di Wes Anderson (specie la lillipuziana cantante/bassista Satomi Matsuzaki) a darmi la prima sberla.
Li ascolti e vualà, vieni caramellato all'istante da questa scarica senza quartiere di vocine arraglia-pedofili (la cantante giapponesina canta esattamente col timbro e l'accento che ti aspetteresti da una cantante giapponesina nana stereotipata che non sa l'inglese, già solo per questo si meritano il Merda Dio d'oro 2016), vocine sborrolente dicevamo, tempi sbolognausen indiavolati, epidurali chitarristiche kawaii plìn plòn plìn che non sai più dove ripararti da tutta questa dolcezza esuberante. Ma cogli subito che l'apparente tenerezza è messa lì al solo scopo di renderti più conturbante il miscuglio misterioso di risibile e corrosivo che la band erige con occultata maestria; la struttura dei pezzi è quanto mai svèrgola e divergente, e non lascia davvero mai intravedere con cosa potrebbe uscirsene di lì a 10 secondi (debbo spiegare perchè ciò è una nota positiva?); soprattutto, non degenera mai nello sboronismo tecnicistico o men che meno concettuale: ogni intuizione è posata lì con nonscialanza per passare subito ad altro (pregio ben maggiore, direi). E a quel punto non ti resta che impostare la modalità berserker e immergerti nel magma zuccheroso definitivo per i pochi, pochissimi minuti del disco e lasciarti spolpare affettuosamente da questi Mr. Bungle coi campanellini ai piedi.
Un ibrido timido e geniale, un mostro tenero e spastico che sarà impossibile non adorare e che vi metterà addosso un'ansia tremenda grazie ai vocalizzi da banshee prepubere della microscopica Satomi e ai clamorosi rimpalli basso/batteria/basso/basso/chitarra/chitarra l'altra/basso/pirgopolinice/batteria che non vi lasceranno un attimo di sana narcosi; ma, per i motivi suddetti vi instillerà anche un fottuto buonumore stronzolo, virtù, quest'ultima, che sempre più di rado mi trovo a riscontrare nell'ascolto di un disco.
Non che ci sia molto altro da dire.
Più brutti dei Boris,
più dissennati dei Melt-Banana,
più scostanti dei Pixies,
più epocali dei J Church,
e via di altri paragoni fintamente affettati.
Una mestolata di infantilismo puro, un chilo di dado e vi ritrovate i Deerhoof. La cosa musicalmente più simile ad un incrocio carnale tra Napoleon Dynamite, Scott Pilgrim e le Plumtree (che poi sempre con il Pilgrim hanno a che fare).
Gli alfieri dell'existential-manga-alternative.
L'indie mongo-dada del futuro.
Il disco perfetto per sminare zio Tebaldo a colpi di fruttini.
Perchè i Deerhoof sono così, disturbantemente giocosi e dolcemente encefalitici; e chi sono io per non lasciar spurgare neanche un po' di dolcezza adesso che a giorni si festeggia l'eviscerazione di Nostro Signore..?
Bòn. Questi sò i Dirr'ùff, e ci ricordano che leggerezza d'atmosfere non fa per forza pendant con sanità mentale. Questo è Apple O'. Tutti l'altri levarsi dai coglioni e stu-dia-re.
Pure te, Ariel Pink, di fronte a questi puoi accompagnare solo.

Il vostro eliogabalico
Zio Carne

Deerhoof - Apple O' / 2003 / Kill Rock Stars, 5 Rue Christine