mercoledì 11 luglio 2018

De Methodo Sludgei. Guida a 5 (+1?) dischi dei Melvins per diventare i maghi della cumpa e dispensare fotta swag


"Avatar is the worst movie ever made."
King Buzzo


L'arcidemone Erborinato Paglianti iniziò a parlare.
"Carne," rivolgendosi al sottoscritto, nel buio ferroso della cripta "Sei disceso nelle catacombe di Porcigatone cercando il mio consiglio. Parla dunque."
La torcia indugiò sui lineamenti grotteschi dell'essere, rughe che potevano essere state scolpite solo dall'ascolto inveterato di gran musica; poi indirizzai timidamente la fiamma sulle pitture rupestri che circondavano le nostre sagome incappucciate: ritratti di punk estatici che brandivano chitarre e tromboni; decalcomanie di vichinghi col chiodo che belavano al ritmo di ragtime indiavolati con simulacri di Mingus ai synth e parrucconi viennesi al mixer; Henry Rollins stilizzati che sbraitavano in prospettive improbabili, gli Slint che nuotavano in un laghetto di pastello azzurro.
Un giardino delle delizie nato nei sogni di chi governava le forze della terra e del suono.
"Paglianti, sento che c'ho grossa crisi... Quest'anno non mi sento colpito quasi da un cazzo di niente a livello di nuove uscite. Il Metalzov non può arrestarsi ora, sembrava tutto andare per il verso giusto, arrivavano le prime richieste di consulenza per curare delle soundtrack per la Troma, sequel di Alex l'Ariete e affini... Ma il problema sono io, ora lo so. Il presente è un'ombra, e l'avvenire mi terrorizza."
"In cuor tuo lo sai. Devi ripartire da dove tutto è iniziato. Sai di cosa parlo."
"NO, non voglio. Ancora star a parlare dei Melvins...Di nuovo gli sfottò, i commenti di sufficienza del popolino... E poi la sbruffoneria di quelli che settano il giudizio sulle recenzioni di Pitchfork...Rivivere tutto questo... Io non so se ne sono capace"
"Vedi, Carne...Recensire i Melvins, come tu ora fai e hai fatto in passato, dovrai farlo ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in esso mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione - e così pure la delusione dei Dreadnought e degli Hail Spirit Noir e poi le sbronze di birra in bottiglia di plastica dei kebabbari e così pure questo attimo e io stesso. L'eterna clessidra dell'esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello di polvere! Non ti rovesceresti a terra, digrignando i denti e maledicendo il demone che così ha parlato? Oppure hai forse vissuto una volta un attimo immenso, in cui questa sarebbe stata la tua risposta: «Questo è un signor disco e mai intesi cosa più divina»? Se quel pensiero ti prendesse in suo potere, a te, quale sei ora, farebbe subire una metamorfosi, e forse ti stritolerebbe; la domanda per qualsiasi cosa: «Vuoi tu elogiare i Melvins, il tuo gruppo preferito, ancora una volta e ancora innumerevoli volte?» graverebbe sul tuo agire come il peso più grande! Oppure, quanto dovresti amare te stesso e la vita, per non desiderare più alcun'altra cosa che questa ultima eterna sanzione, questo suggello?"
Avevo appena terminato la mia bock, e lo guardai negli occhi gialli.
"Grazie, Paglianti. Ora so cosa debbo fare."
"Vai, Carne. Fagli il culo."


Gluey porch treatments (1987)



Bòm, da qui si parte per parlare di sludge, poche pugnette. Lascio da parte la spocchia da vecchio ciabattone e dico ai giovani balilla e a tutti coloro intenti al management delle prime polluzioni (ma anche a chi inizia a farsi uscire il sanguinaccio dalla passerina eh, non si dica mai che il Metalzov è maschionista), dico una cosa dico cazzo dico: Sua Maestade King Buzzo metteva su i Melvins a 16 anni, poi sborrava in culo all'universo registrando ste robine leggiadre e infine tornava in classe a parlarne col suo amichetto - che per la pràivasi chiameremo Kurt Cob. il quale nel pallido tentativo di emularlo fondava i Nirvana. Il resto è storia e puttane a Montecarlo, lo sappiamo.
Tra l'altro è anche l'anno di Locust Abortion Technician, che male nun fa.
Uscita a dir poco fondamentale, da sentire senza riserve se non volete che quando ci vediamo ai concerti ci prenda un attacco di ridarola mentre ci parlate di dischi fondanti e non di fonduta. Per rimarcare la definizione di quel che da qua in avanti passerà al secolo come Sludge Metal, parafrasiamo male il Buzzo che dichiarava laconico al catechismo "In un periodo in cui tutti andavano forte, noi andavamo lentissimi".
Insomma, come Sfera Ebbasta



Lysol (1992)



C'è un cristo morto gonfio sul fondo del Sand Creek




Pinkus Abortion Technician (2018)



Dopo l'imperdonabile A walk with Love & Death dell'anno passato i nostri amati panzoni non più tanto panzoni si avvalgono per la sestordicesima volta dell'apporto dello schizzetto impazzito Steven Shane McDonald e del sempre gradito Jeff Pinkus per sfornare un disco forse sì altrettanto imperdonabile, forse sì troppo breve, forse sì povero di fregna ciorgna ma porcuddio i 3 pezzi buoni sono fottutamente buoni! Avvisiamo che siamo ancora in piena fase prostatica per quanto riguarda il piglio e l'estro compositivo dei beniamini di Aberdeen, non pretendete Laughing with Lucifer... che sennò lasciatevelo dire siete un po' delle merdine



Pigs of the Roman Empire (2004)



Sorvolando sui pezzi firmati dal bravo gnègno Lustmord che spaccano vabbene ma anche che dù marùn perdonate lo sfogo... Dichiaro: se la Musica avesse un allegorico Cazzo, sarebbe The bloated pope. Guardatelo, varicoso e pulsante, carico di flittene merda e mosche, in attesa di sventrar pulcini!



(a) Senile Animal (2006)



Concludo questa breve danza con uno dei miei dischi preferiti del duo, forse il mio favorito del periodo post-2000, anche se se la deve giocare con Hostile Ambient Takeover, e la partita sarà dannatamente tosta, e io avrò bisogno di grappa per quel cazzuto giorno, e non si fa porcamadonna ho un lavoro io (non è vero).
(a) Senile Animal dei (the) Melvins è un album che i fan duri und puri del gruppo in esame non possono adorare - e i Melvins possono vantare una falange armata di fan di quelli in stile fan di Final Fantasy VI che mangiano solo barrette vegane kosher intinte in mooncup che endorsano Greenpeace. Insomma, mica pizza e bukkake.
Fortuna che noi amiamo la salama e sti problemi non ce li facciamo, e se un gruppo all'attivo da 26 anni ti sdruma un signor disco come questo, con un tiro della madonna, sempre scoppiettante e vivace, che non ha paura di sondare terreni sempre più lontani dalle spelonche escrementizie degli - insuperabili - albori, senza indietreggiare di un passo quando si può fare la figura del gonzo, mescolando riff che sanno di terriccio tanto son genuini e sugosi (A history of bad men) ai consueti botta&risposta slapstick tra batteria e sezione corde (Blood witch), barcollando tra marcette epilettiche (The talking horse) e sontuose trashate su cingoli (The mechanical bride), insomma, più che un disco, un vero e proprio cenone. C'è di che introzzarsi con sti qua. Lesti su, che Dale Crover si scofana tutti i canederli




BONUS.    Smash the State EP (2007)



Tracklist
1. Smash the State (1.07)
2. Stalin's solution (1.05)
3. Communist concubine (1.03)
4. Useful idiot (1.35)


Avrebbe fatto prendere il 37% al PD.
Se davanti al fulgore di questi titoli non vi siete già fiondati a sentirlo (o risentirlo!) vi meritate una rassegna di "Cantanti Trap da tutto il mondo" sotto casa.
Adesso basta, che a furia di parlare di Melvins ho attirato sotto la finestra tutte le femmine peggio arrapate della provincia e devo dare un po' di zucchero bèbi.


Il vostro sardanapalesco
Zio Carne

- Niente info, sono in malattia -

mercoledì 14 marzo 2018

D'Atmosphera


Loro vengono da Nottingham proprio come il celebre Robin Hood e a quanto pare odiano i parchi divertimento: sono gli Amusement Parks On Fire.
Cinque, anche se pare che il progetto nasca come una roba solista, cioè Michael Feerick che è il cantante e chitarrista del gruppo avrebbe creato e registrato (con un aiutino del futuro chitarrista Daniel Knowles) il primo album che prende il nome dal gruppo stesso e che esce nel 2005.
Oltre a questo, gli Amusement hanno alle spalle altri due LP (Out Of The Angeles e siamo nel 2006, Road Eyes e siamo nel 2010) più una serie di svariati EP.
Come genere viaggiamo sul post rock onirico condito cioè ben bene da chitarre effettate plasmanti sottili riverberi e suadenti distorsioni, come vuole un onesto shoegaze che di base c’è e che ti rende completamente assuefatto/strafatto. Quello che creano è una sorta di tornado complesso e ben compatto che ti viene addosso e ti travolge, e alla fine ti chiedi cosa cazzo sia successo. Forse troppa droga nel uikènd?
La voce ronzante e appena percettibile che poi esplode con l’ondata sonora prodotta dai vari strumenti sa esattamente come entrare e uscire dalla scena, ti lancia in orbita al rallentatore, lungo una via stellata che parte da casa tua e arriva in culo. Senza troppi ma senza troppi se. Senza effetti collaterali se non un lieve e complesso stordimento che però non lascia unto sulle dita, come un buon fritto.
Van bene da ascoltare nelle notti stellate d’estate, o nei malinconici viaggi notturni in auto che portano verso casa, attraverso la nebbia o sulla brina, lungo i vicoli bui dei vostri pensieri.
Loro sono gli Amusement Parks On Fire, e questa è Venus In Cancer.


A voi, 
Ljapah


Amusement Parks On Fire - Amusement Parks On Fire / 2005 / INVADA Records


venerdì 19 gennaio 2018

Mein emMEnTAL essere nero come meine Seele: Tôtbringære

Francia, Polonia, Nord America, direi che non se ne esce, per ragioni a me sconosciute [ma che saranno presto indagate dagli arconti di Metalzov mediante cabala e seiðr] sembrano essere rimasti questi i baluardi di scene effervescenti legate alla nera fiamma. Uno potrebbe obiettare Finlandia, Germania, Grecia: ma non in senso proprio.

Ecco perché parleremo della Svizzera! Ma non di quei guasconi dei Bölzer o di quella vecchia trivella che si cela tra i Triptycon, bensì degli Ungfell: eminenti vaccari, adepti massoni e apprendisti stregoni a tempo perso.

Un debutto melodico: non nel senso delle tastierine (assenti) ma del riffing e delle sonorità, anche le urla sono piacevolmente sbarazzine, d'altro canto «il Demonio viene a cavallo di una giovenca e tra le sue fauci schiumanti ribollono jodel mefitici» ricorda il cardinal Ravasi commentando il katéchon paolino. I nostri arrapati butteri evitano quel prendersi troppo sul serio fatto di barbose tastiere siderali o ambient pezzotto e noia, noia, noia che cova in tante produzioni odierne. Possiedono affinità elettive con i Peste Noire, non nel settore braccia tese ma nell'approccio sanamente godereccio alla musica [senza copiarli, come fanno quei paraculi dei Baise Ma Hache].
E bon, basta analisi da seccapalle. Sintesi: album fresco, che nel black è tutto dire; intermezzi stranamente azzeccati tra canti, versi, arpeggi, fisarmonica; riff e ritmi che non fanno esplodere le emorroidi.

Rimane una domanda: dov'è l'oro degli ebrei cari amici svizzeri?
S. Mattanza

Ungfell - Tôtbringære / 2017 / Nessuna etichetta, indipendente

Disco di cui avverto la mancanza più si avvicina Febbraio

Leggendario.
(nel suo campo)
[e avevo voglia di postare la copertina]

Med hård kuk
S. Mattanza

Storm - Nordavind / 1995 / Moonfog Productions