mercoledì 24 maggio 2017

Gateau di corvi con marmellata al lappone: Havukruunu - Kelle Surut Soi



מַה שֶּׁהָיָה הוּא שֶׁיִּהְיֶה וּמַה שֶּׁנַּעֲשָׂה הוּשׁ
  שֶׁיֵּעָשֶׂה וְאֵין כָּל חָדָשׁ תַּחַת הַשָּׁמֶשׁ
"Giorno nuovo, stessa merda", diceva Qoelet, e certo aveva ragione, però se ti piace sguazzarci non è poi brutto come sembra. Io è qualche anno che mi annoio, musicalmente parlando, e ripesco di continuo dagli anni '80, ma soprattutto '90, perchè ci son rimasto, e mi muovo poco da quei canoni lì: sono pigro, lazzarone e autoreferenziale.
Detto ciò veniamo al secondo LP di sti finnici, che altro non sono che Moonsorrow Hornazzati con, non so, un tocco di Immortal, Bathory e Windir. Beh, non suona così male in effetti...
NO DIO CAN, male per niente! Il duo (?) ci dà in pasto esattamente (suppergiù) lo stesso polpettone paganoepicolentopoivelocearpeggiocoroscreamcavalcataefuriasbemsbemsbem
che ci siamo trangugiati centinaia di altre volte e... porcamadonna che buono è.

Katso merta

S. Mattanza

Havukruunu - Kelle Surut Soi / 2017 / Naturmacht Productions

domenica 7 maggio 2017

#CuoreDiCarne: Neurosis - Through Silver in Blood (1996)



E' un periodo in cui mi sento in dovere di tirare alcune somme da quello che sto ascoltando prima di cianciare qui, perciò spezzo il silenzio ahimè lungo per buttare un piccolo bonus.
Siccome viva la fantasia, con l'odierna nascente rubrica vorrei parlare in sintesi di alcuni dei dischi che hanno forgiato il mio spirito e che mi hanno reso il supercarismatico spaccafregne che sono oggi. Sto giro si va di Neurosis.
Saltando lapalissiani convenevoli che appesantirebbero il post con informazioni e coordinate del cazzo e della merda facilmente raccattabili altrove, incensiamo un pochino Through Silver in Blood (fratellino più feroce e debordante del - forse - capolavoro di piena maturità Times of Grace), che si incastra all'esatto giro di boa del periodo più fruttifero e ispirato di una delle formazioni maggiormente influenti del bel periodazzo dei '90.

Se dovessi pensare a cosa succede ad una mente che si frattura e collassa nell'orrore del fuoco nero che si rivolta tra le fibre più intime del nostro essere, del nostro sentire, non avrei dubbi. Questo disco è un'incursione in una batisfera scricchiolante laggiù in fondo, armati solo della nostra pellaccia rancida. 70 minuti di apnea in un cuore magmatico, il nostro, in una matassa di inquietudini che non c'entra un cazzo con esoterismo, culti bislacchi, satanassi, adorazione di nerchie di maiale o smembramenti rituali. Male puro e inesplicabile, fatalismo, la percezione dell'irrecuperabile immobilità e inutilità di ogni cosa: questi gli ingredienti del malessere compatto, assoluto che faranno sì che queste 9 tracce vi si insinuino nel sistema limbico e vi consumino ad un livello più ancestrale rispetto a quello che può farvi una enumerazione delle virtù di Belial, o un catalogo di crocifissi che torturano sfinteri. (Ve lo dice un grande amante del black e del gore tout-court eh, non fraintendete.)
Mi pare lampante dalle prime battute dell'incedere tribale della title track che questo è un disco fatto per essere inconcepibile, sconsiderato, sconvolgente, oltre che difficilmente riproponibile (è tuttora uno dei meno suonati ai concerti) in virtù di una scelta di missaggio inesplicabile e ai limiti dell'udibile, nonchè della masnada di effettaggi mostruosi che bombardano e saturano ogni anfratto delle tracce; i bassi, sempre di prim'ordine nei lavori del sestetto di Oakland, qui raggiungono un apice di crudeltà e terremototraggedia mai più ripetuto nei lavori seguenti... Per non parlare delle voci:  irriconoscibili, agghiaccianti, da incubo.
Segue Eye, l'assenza totale di melodia su cui spiccano le urla sguaiate di un combo Kelly/Von Till che non sarà mai più così raggelante;  abbiamo i 12 minuti di mantra doom-sludge di Purify; il centro più sofferente di Locust Star e Strength of Fates; il mormorio di Become the Ocean che ci prepara allo sfacelo finale del dittico Aeon - Enclosure in Flames, pronto a strapparci di dosso gli ultimi filetti di carne rimasti a ricevere i colpi di una tempesta di spilli.
Von Till, Kelly e compagnia cantante in stato di grazia (senza tralasciare un mirabile Billy Anderson a curare la produzione insieme alla band) realizzano un glifo, un artefatto degno del cubo di Clive-Barkeriana memoria in grado di sbrigliare un mondo fatto di abissi gorgoglianti e al contempo di infinite distese di nulla, in cui entità prive di luce, non meno fredde delle acque piatte dei laghi salati da cui emergono o delle pareti di antracite nelle quali sono incastonate, torreggiano e terrorizzano, in silenzio. Noi assistiamo alla tragedia che si dispiega e abbraccia tutto, non possiamo fare alcunchè se non vedere, senza nemmeno ben sapere perchè; cercare riparo dalla marea, dal vento sarebbe inutile. Restare qui ci consumerà fino all'ultimo granello di niente, ma almeno avremo visto.
Through Silver in Blood è davvero tutto qui: dissonanze continue, ritmi possenti, spossanti e spietati, atmosfere opprimenti, urla inumane, uso massiccio di sintetizzatore e piano, un violoncello, una cornamusa, ondate di riff tellurici e scriteriati che esplodono solo per lasciare spazio a un'altra bonaccia, un clima di sostanziale inconsolabilità che ci inzupperà come un bel savoiardo fracico. Uno dei pochissimi album che riesca così bene nel suo intento di trascinarci in un gorgo di incomunicabile disperazione - uno all'altezza può essere Stormcrowfleet* degli Skepticism. Sono comunque pochi per me, andando così a memoria.

Infine, i testi. Piuttosto di girarci attorno con parole che non saprei neanche usare bene, dirò semplicemente che i testi dei Neurosis mi mettono paura. Non mi sono manco mai messo a cercare i termini che mi apparivano meno chiari; mai ho tentato di dare un significato mio a lyrics così piene, dure, senza fronzoli, granitiche come la musica che illustrano; sul serio, come si fa a dormire sonni tranquilli dopo che hai letto roba tipo "Drowning in the birth / Place of the sun / Descending the path / Of an ascending god / Purify my hells to / Climb the heavens / Sacrifice the flesh / Feeding solar visions"
o
"Blazing eye sees all / Nature of firey triumph / Patterns unfold / Whispers revealing / Path of spiral reaps / Fetal buried gold / Humbled in the womb / A centre opens / To the unknown" ?
Queste non sono parole: sono talismani, formule sacramentali in forma di indovinello per evocare davanti ai nostri occhi l'abisso che siamo noi stessi e per venirne inevitabilmente divorati.
Userò un estratto da un pezzo degli Uochi Toki che rende bene quello che l'ascolto dei Neurosis mi incute. Alla prossima, buonanotte e buone botte al cristo canaro.
"Vedo esistere entità provenienti da una dimensione senza forma e senza nome, solo che a differenza di uno Cthulhu o Yog-Sothoth non sono necessariamente nefaste od orrorifiche e nemmeno candide e benefiche: sono volontà ermetiche, autonome, che percepisci per un attimo, che appaiono evocate da formule magiche, non ancestrali od arcaiche, bensì nascoste nelle frange invisibili del caso, in un presente che non può essere toccato."

Il vostro totem di dolore
Zio Carne

*un grazie a Sancio Mattanza, in ritardo di qualche anno

Neurosis - Through Silver in Blood / 1996 / Relapse