E’ con questa sacrilega frase
che si presentano da soli gli
Made
in Albione, precisamente a Londra, parliamo di un quintetto tenuto insieme
appassionatamente dall’odio per le parrucchiere (viste le imbarazzanti
capigliature) e dallo strano e talvolta p/baffuto frontman di dubbia natura,
specie e provenienza Eddie Argos.
Costui,
privo di qualsiasi capacità canora e sonora, ma con un alter ego grosso il
doppio dell’amica Freddy
Feedback, ci ha visto giusto e ha pensato che anziché cantare come fanno
tutti gli altri caproni avrebbe potuto semplicemente raccontare delle stronzate
parlando, per giunta, con uno sfacciatissimo accento “cockney”.
Mettici
poi il capello unto, la camicetta stretta col bottone che tira, la panza alcolica
e hai fatto centro. Sei il leader perfetto.
Perfetto
anche il resto dello staff: nomi tendenti al carnevalesco (vedi Chinchilla
e Catskilkin) e una figa al basso, che rimane una mossa da dieci e lode
anche se ormai consumatissima come carta igienica immerdata. Tra l’altro Freddy
Feedback, questo è il suo nome, non assomiglia a una nota bassista di un noto
gruppo italiano che era grassa e che ora è diventata magra e figa? Arrivateci.
Bang
Bang Rock & Roll, 2005.
I
testi. Banali, cazzo. Quasi noiosi. Ma esattamente il tipo di testi che vorrei
fare. Magari appena un po’ più elaborati, giusto per non sembrare sbregapalle
come loro. Però se non altro non parlano di metafisica e ragionamenti ostici ed
illuminati. Raccontano episodi di vita quotidiana, tutto lì. Niente di che.
Niente di troppo preciso. Forse nemmeno loro san bene di cosa parlano o di cosa
vogliono parlare. Forse vogliono solo provocare, divertiti dal privilegio (di
pochi) di poter rimanere incastrati tra due fette ben tostate ed imburrate di
emozioni adolescenziali.
Non
è un caso che lo scoppiettante e quasi 37enne leader del gruppo affermi di non
sentire differenze adesso rispetto a quando aveva 17 anni.
Eddie
e soci comunque sia oltre ad essere fashionisti sembrano essere anche echonomisti,
da notare infatti e appunto l’economicità dei pezzi. Ci insegnano che
basta ripetere la stessa frase più e più volte e hai fatto una canzone! Eddai
cazzo di un diamine! ‘sti coglionazzi la sanno lunga in fondo.
Quando
suonavo in un gruppo, anni fa, mi sarebbe piaciuto fare almeno un pezzo di
“Bang bang rock & roll”. Avrei fatto “Bad
weekend” perché mi piace molto il giro di chitarra, mi incastra il cervello
proprio, anche se l'arguto-Argos canta sempre un po’ in stile pansy che può
piacere e non piacere.
I
miei soci tuttavia bocciarono l’idea. Non è facile apprezzare gli Art Brut.
Specie se non te ne frega un cazzo del fratellino che ha scoperto il rock and
roll (“My little brother”) o della
cotta per ‘sta cazzo di Emily Kane (“Emily
Kane”). Oppure se ti fa cagare l’indie, che vuol dire tutto e vuol dire
niente.
Ah,
così tanto per, i TARM hanno
pensato bene di coverizzare e italianizzare “My little brother”, che è
diventata quindi “Mio fratellino ha
scoperto il rock’n’roll”, rendendola ancora più fastidiosa di quanto non
sia già nella versione originale. “My little brother” è una canzone che ascolti
le prime 200 volte ma poi cominci a sbuffarci sopra. O no?
Vabbè.
Accantoniamo. Fatevi colpire piuttosto dalla serietà (fasulla, haha!) di “Rusted guns of Milan”. Appena sentite
il pezzo penserete subito che si tratta della traccia seria dell’album,
finalmente un testo impegnato che parla di sentimenti, di violenza domestica,
della fame nel mondo!!!
Leggendo
però quelle poche righe sputate lì a caso, il sentimento di solidarietà che a
poco a poco prendeva forma dentro al vostro cuore nei confronti dell’umanità
intera, si concentrerà in seguito su un unico povero pirla: Eddie Argos che non
riesce a scopare per colpa dell’alcol, cazzo!
Gli Art Brut sono esilaranti. E
credo che sia giusto non aggiungere altro, primo perché a forza di scrivere e
correggere ‘sto cazzo di articolo ho gli occhi che mi schizzano fuori dalla
testa, e secondo perché dovreste scoprire voi altri stronzetti il resto. Concluderò dicendo solo che:
A) non credo che se Argos stesse limonando bellamente con una figa la scanserebbe veramente per alzare il volume di una canzone pop alla radio come va dicendo;
B) a mio parere sicuramente non tutti i pezzi di “Bang bang rock & roll” sono degni di nota, ma è un album che va ascoltato e apprezzato. Altre tracce, quelle che preferisco, nella loro ingenua idiozia sono azzeccatamente rock and roll (anche se Argos si è rotto il cazzo del rock and roll). Ma in proposito dico fuck off.
Anche perché, caro Argos, la mia canzone preferita rimane “Venus in furs” dei Velvet Underground.
Taci e abbracci
Ljapah
Art Brut – Bang Bang Rock & Roll / 2005 / Fierce Panda
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